Per i peculiari risvolti medico legali e per le importanti implicazioni cliniche l’abuso di alcool è oggetto di crescente interesse delle organizzazioni sanitarie di tutto il mondo. In Europa il problema è particolarmente importante: basti pensare che in Italia l’abuso d’alcool rappresenta la quarta causa di morte e che il 10% degli assistiti dai Medici di Medicina Generale presenta una patologia alcol-correlata. La diagnosi oggettiva di abuso alcolico, pertanto, assume un rilievo fondamentale in diverse aree della medicina clinica e legale. Oltre all’approccio diagnostico tradizionale basato sulle informazioni anamnestiche, sull’esame clinico, nonché sull’impiego di alcuni marker biochimici non specifici (enzimi epatici, volume corpuscolare medio), negli anni più recenti l’attenzione a livello internazionale si è spostata su nuovi indicatori di abuso alcolico, tra i quali la transferrina carboidrato carente (CDT).
La CDT viene considerata dalle linee guida internazionali una indagine diagnostica con livello di raccomandazione A e nella realtà italiana un indicatore affidabile ed estremamente specifico di abuso alcolico cronico. La transferrina, è una glico-proteina prodotta dal fegato e notoriamente deputata al trasporto del ferro. Nella matrice sierica questa proteina si ritrova in differenti stati di glicosilazione. E’ stato dimostrato come, in conseguenza dell’abuso alcolico, si osservi un’anormale aumento delle forme a basso grado di glicosilazione. Tale incremento può essere correlato all’inibizione delle glicosil-transferasi da parte dell’acetaldeide, derivante dal metabolismo epatico dell’etanolo. In particolare, nell’abuso cronico, compare fra le isoforme della transferrina una forma normalmente non determinabile, completamente priva di acido sialico (asialotransferrina). Si osserva inoltre un marcato aumento della forma disialo, presente nei soggetti normali in piccola quantità (< 1-2 %). La determinazione della CDT nel sangue, affiancata ai marcatori tradizionali, fornisce un quadro clinico completo che permette al medico di differenziare i disordini epatici dovuti ad abuso di alcool.
Rispetto ai marcatori tradizionali (GGT, MCV, ALT E AST), la CDT ha una specificità maggiore (intorno al 95%) e, fattore non trascurabile, è poco soggetta a variazioni causate da altre alterazioni dovute a farmaci, diabete, obesità, epatopatie e disordini ematologici. La CDT consente inoltre di indentificare questi soggetti anche in caso di temporanea interruzione dell’assunzione d’alcool. Sono necessari infatti circa 10-15 giorni di astinenza alcolica prima che la concentrazione di CDT nel sangue si dimezzi, con una normalizzazione dopo 2-4 settimane.